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23 Mar

Talento e relazioni interpersonali

  • By Gruppo Insegnanti Formatori

Le neuroscienze hanno dimostrato che la struttura stessa del nostro cervello lo rende socievole: siamo programmati per connetterci, ogni qualvolta entriamo in contatto con un’altra persona si crea un profondo legame cervello-cervello, un ponte neurale che influenza sia il cervello che il corpo.

Nell’ambito dello sviluppo del talento ai fini dell’inserimento lavorativo tale scoperta ci porta a considerare come fattore, ossia come elemento costitutivo del talento, la relazione interpersonale. In altre parole senza relazione interpersonale il talento non si sviluppa.
E’ utile dunque analizzare gli elementi della relazione interpersonale che contribuiscono a sviluppare il talento.

La consapevolezza che gli altri contribuiscono allo sviluppo del mio io

Quanti di noi svolgono il lavoro di oggi in virtù di una relazione interpersonale significativa, divenuta determinante per le scelte scolastiche e professionali?

La finestra di Johari, che prende il nome dai suoi due ideatori, Joe Luft e Harry Ingham, è un modello che spiega in che modo l’Io si relaziona con sé stesso e con gli altri, attraverso diversi livelli cognitivi e relazionali. Mediante il suo utilizzo si può indagare la comunicazione nelle relazioni interpersonali, aumentare la consapevolezza di se stessi e offrire spunti di miglioramento della comprensione tra le persone.
La finestra di Johari, in particolare, ci insegna che il nostro punto cieco, ossia ciò che noi non conosciamo di noi stessi, grazie alla relazione con gli altri può essere svelato.

Per scoprire dunque i propri talenti è fondamentale tenere in conto la relazione interpersonale: il viaggio inizia dai primi incontri significativi della nostra vita con genitori, fratelli/sorelle, amici e prosegue poi con le esperienze di apprendimento e di lavoro, grazie all’affiancamento di maestri di talento del settore specifico.

Il processo di comunicazione

Lo sviluppo di abilità comunicative e di relazioni significative comporta la padronanza degli elementi che compongono il processo comunicativo: lo stile dell’emittente e del ricevente, i diversi canali di comunicazione, le possibili codifiche dei messaggi, i feedback di efficacia, gli assiomi della comunicazione.
La padronanza di queste abilità comunicative risulta necessaria e utile alla costruzione delle relazioni umane autentiche.

L’empatia combinata con l’ascolto attivo e l’assertività

L’empatia deriva dal greco antico “εμπάθεια” (empátheia), a sua volta composta da en- “dentro” e pathos “sofferenza o sentimento”, e veniva usata per indicare il rapporto emozionale di partecipazione che legava l’autore-cantore al suo pubblico. Theodor Lipps definisce l’empatia come l’attitudine a sentirsi in armonia con l’altro, cogliendone sentimenti, emozioni e stati d’animo, in piena sintonia con ciò che la persona stessa vive e sente.

Questa armonia relazionale si sviluppa solo in concomitanza con l’ascolto attivo, inteso come la capacità di saper ascoltare con un elevato grado di attenzione e partecipazione comunicativa: saper osservare bene l’interlocutore, percependo anche il linguaggio non verbale e il tono di voce utilizzato, favorisce la concentrazione e attiva il sistema di ascolto con maggiore efficacia, così come avere un elevato grado di attenzione favorisce la concentrazione e quindi l’ascolto. Osservazione e ascolto si auto-alimentano così in una spirale positiva che favorisce non solo lo sviluppo dell’ascolto attivo, ma anche il miglioramento della competenza di comunicazione interpersonale.

Infine l’assertività (dal latino “asserere” che significa “asserire”), o asserzione (o anche affermazione di sé), è una caratteristica del comportamento umano che consiste nella capacità di esprimere in modo chiaro ed efficace le proprie emozioni. L’assertività favorisce l’incontro tra persone e genera ponti relazionali positivi per uno sviluppo qualitativo e duraturo della relazione interpersonale.
Imparare quindi ad entrare in relazione in modo significativo con le persone richiede costante auto-apprendimento ed esercizio pratico su queste diverse sfere della relazione umana e nel tempo nutre lo sviluppo del proprio talento in modo evolutivo.

La miccia che innesca il viaggio del talento è quindi di tipo relazionale: è l’incontro che cambia la vita, perché dà una direzione nuova allo sviluppo dell’intelligenza; è lo stupore che scaturisce dal vedere persone appassionate nel lavoro che svolgono; è la volontà di cimentarsi nella sfida lanciata dalla persona che per noi diventa il vero e proprio “mito” professionale; è la creatività che si sviluppa dopo essersi messi in gioco e essere stati accompagnati nella realizzazione dell’opera che si va a realizzare.
La relazione è scintilla, cambiamento evolutivo, accompagnamento, connessione, fuoco inestinguibile che produce generatività.
Ecco allora che in ambito professionale i maestri di talento diventano figure di riferimento che invitano a perseguire la strada delle proprie passioni con dedizione, coraggio, convinzione a tutti i costi.

Il Maestro di Talento

Si delinea così la figura del Maestro di Talento, come persona che accompagna lo studente dentro l’orizzonte condiviso delle scelte professionali, completa la relazione innescata tra genitori, studenti e insegnanti sostenendo il processo di crescita.
Il Maestro di Talento, dotato di una particolare capacità distintiva in una o due intelligenze multiple identificate da Gardner, ha caratteristiche umane e professionali tali da identificarlo guida e riferimento costante nello sviluppare il proprio talento.
Con empatia, ascolto attivo e assertività la relazione tra Maestro e allievo si fortifica per favorire nel tempo la motivazione dell’allievo al raggiungimento del pieno sviluppo dei propri talenti e con essi della propria personalità.

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La prossima settimana concluderemo questo ciclo di articoli con la stesura del profilo professionale di talento.

Stay tuned!

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